Anno | 2024 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 98 minuti |
Regia di | Francesca Pirani |
Uscita | martedì 6 maggio 2025 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | Land Comunicazioni |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento martedì 22 aprile 2025
Un bambino viene adottato ma qualche anno dopo la madre naturale chiede di lui. I genitori adottivi decidono di andarla a cercare.
CONSIGLIATO SÌ
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È il 2008 quando Francesca e Simone, una coppia di italiani, ottengono dopo un iter di due anni l'adozione di Vakhim, un bambino di quattro anni proveniente da un villaggio cambogiano. Lo vanno a prelevare da un orfanotrofio, documentando tutto con la loro piccola videocamera digitale. Non la spegneranno più, nei mesi e negli anni a venire, per tracciare puntualmente l'ingresso di Vakhim in un Paese nuovo, con una lingua e una cultura differenti. Nelle prime settimane vissute in Italia il bambino sembra sereno e calmo ma i genitori adottivi non sanno molto di lui e cercano con discrezione, interpretando i suoi disegni e una parola in khmer che ripete di continuo, di comprendere in quale contesto è cresciuto, se prova nostalgia, quali ricordi ha dei suoi primi anni di vita, se i suoi genitori sono ancora in vita. Insistendo con l'ente che li ha guidati nell'adozione, Francesca e Simone riescono a ottenere delle informazioni che cambieranno non solo la vita di Vakhim, ma di una famiglia molto più grande della loro. Proseguire nel racconto della trama significherebbe togliere ogni sorpresa allo spettatore.
"Per la legge siamo una famiglia ma in realtà siamo degli estranei che improvvisano un copione sconosciuto", dice nei primi momenti del film la voce di Francesca Pirani, che accompagna le immagini per tutto il suo corso.
Una lunga osservazione, nell'arco di quindici anni, della conoscenza reciproca tra un bambino che parla solo khmer e due genitori attenti, affettuosi e decisi a rispettare e abbracciare le sue radici. La sfida tecnica del film è armonizzare due piani: quello di osservazione, fatto di home movies, e quello della ricostruzione finzionale con attori in Cambogia, nel tentativo di cogliere ciò che è misterioso: la vita di Vakhim prima dell'adozione, il suo vissuto sentimentale, i ricordi sensoriali, il senso di appartenenza, prima negato e poi di nuovo cercato, a un mondo rurale conosciuto e poi gradualmente sostituito da quello occidentale. Già aiuto regista di Marco Bellocchio per La visione del sabba (di cui era anche co-sceneggiatrice) e Il sogno della farfalla, Pirani ha debuttato nella regia di finzione con L'appartamento (1997), seguito con Una bellezza che non lascia scampo e, con Stefano Viali ha firmato BEO e D'Annunzio, l'uomo che inventò sé stesso. Autrice anche di documentari per la televisione, con Vakhim, finalista al Premio Solinas Documentario 2019, porta sul grande schermo tre lustri della propria biografia, accompagnando le riprese domestiche e di situazioni intime con osservazioni sul ruolo genitoriale e le tante scelte che chi adotta deve compiere, per tentativi e cercando di non fare danni, come camminando sulle uova.
Ogni decisione è in funzione del bambino (oggi ventenne), nella volontà di non interrompere la comunicazione con il mondo di prima, ma capirne il percorso, lo sradicamento avvenuto dopo un attaccamento consolidato con la madre naturale, lo choc del passaggio da un contesto di povertà a uno estremamente più privilegiato. In secondo piano si intravedono le difficoltà di chi intraprende la strada internazionale e lo scandalo delle adozioni in cui le madri cambogiane analfabete venivano ingannate a sottoscrivere l'abbandono definitivo dei figli. Vakhim Borra, protagonista à la Truffaut, che incontriamo bambino sorridente e seguiamo mentre cresce e mette poco a poco un distacco tra sé e il proprio passato. Anche da adolescente scanzonato mantiene intatta una sua naturale tenerezza, che culmina nei momenti di riconciliazione familiare: nella parte cambogiana del film, che mette in scena il meccanismo di rispecchiamento, insieme a Maklin, sentimenti e ricordi infantili. Un cerchio che si chiude ma insieme si apre al futuro.
Un documentario nel verso senso della parola, ma che si vede come una narrazione. Un gran senso della parola, sia di quella detta che di quella non detta. Non dovrebbe servirci una narrazione, ma invece sembra proprio che Vakhim, l'epinomio della vicenda, sia nato attore. Un premio speciale della giuria come attore non protagonista a Simone Borra.
Un documentario nel senso prorpio della parola, con immagini accurate e una narrazione asciutta e convincente. L'eponimo, Vakhim, sembra essere nato attore, forse per come è stato diretto dalla madre/regista Francesca Pirani. Un premio speciale della giuria, come attore non protagonista, a Simone Borra.
Il docufilm Vakhim è un viaggio nelle sfumature dell'amore genitoriale più bello, quello che ha sempre e solo cercato gli affetti ed il bene dell'altro, che sia il figlio naturale o adottivo.Un film da vedere e rivedere. Una regia magistrale che va molto oltre il documentario. Tutti brevi, musiche bellissime.
Una poesia bellissima, delicata e profonda. Un film che riesce a parlare a 360 gradi: con le sue immagini, la musica, e le parole scelte con cura per raccontare questa storia straordinaria.L'emozione che mi ha trasmesso la porterò con me a lungo. Grazie di cuore!
Colpisce il sapiente montaggio di riprese amatoriali con sequenze di sublime fotografia. In quest'epoca di reality e talent, pensavamo che riprese di scene di vita reale non ci potessero più arrivare cosi pulite e sincere. Felici di esserci ricreduti. Marcello e Valeria
Il film riesce a comunicare in modo semplice, delicato ma allo stesso tempo diretto la bellezza e le difficoltà dell' adozione.I due ragazzi protagonisti sono adorabili, hanno dimostrato tanta maturità e coraggio; è commovente l'amore dei genitori adottivi e della madre biologica verso di loro.Da vedere assolutamente!
È il 2008 quando Francesca e Simone, una coppia di italiani, ottengono dopo un iter di due anni l’adozione di Vakhim, un bambino di quattro anni proveniente da un villaggio cambogiano. Lo vanno a prelevare da un orfanotrofio, documentando tutto con la loro piccola videocamera digitale. Non la spegneranno più, nei mesi e negli anni a venire, per tracciare puntualmente l’ingresso di Vakhim in un Paese nuovo, con una lingua e una cultura differenti.
“Per la legge siamo una famiglia ma in realtà siamo degli estranei che improvvisano un copione sconosciuto”, dice nei primi momenti del film la voce di Francesca Pirani, che accompagna le immagini per tutto il suo corso.
Una lunga osservazione, nell’arco di quindici anni, della conoscenza reciproca tra un bambino che parla solo khmer e due genitori attenti, affettuosi e decisi a rispettare e abbracciare le sue radici. La sfida tecnica del film è armonizzare due piani: quello di osservazione, fatto di home movies, e quello della ricostruzione finzionale con attori in Cambogia, nel tentativo di cogliere ciò che è misterioso.
Adottato in Cambogia all'età di quattro anni, Vakhim arriva in Italia nel 2008. Parla solo khmer e tutto intorno a lui è nuovo e sconosciuto. La madre adottiva (e regista) Francesca Pirani e suo marito decidono di documentare l'infanzia italiana di Vakhim con una videocamera per conservare alcuni ricordi inestimabili. Lo sguardo materno segue il bambino cercando di scrutarne i pensieri e i desideri. [...] Vai alla recensione »
Vakhim è, ad oggi, il ritratto più personale, intimo, autentico, disarmato, perfino politico di Francesca Pirani (nel curriculum più recente anche D'Annunzio, l'uomo che inventò se stesso e Beo): è, infatti, la storia in prima persona - la regista di scuola bellocchiana, oltre che sceneggiatrice, è qui anche voce narrante - della sua maternità difficile a cavallo tra Italia e Cambogia.