Damsel è un film scritto con gli algoritmi e il bilancino, che esaurisce tutto nella premessa (la principessa che si salva da sola) e per il resto è una serie di trovate così stupide che manco è un insulto, ma una valutazione tecnica.
Terribile. Ed è forse ora di ammettere che Millie Bobby Brown non è (ancora) una brava attrice, sicuramente non una da poter reggere da sola il peso di un film, anche se brutto come questo.
Partiamo da un presupposto: ci sono le star e ci sono gli attori/attrici bravi/e. A volte le due cose sono la stessa cosa, altre volte non sono la stessa cosa.
Il cinema e la televisione del XXI secolo non sono diversi da quelli del passato per questo, ma lo sono per il volume di fuoco mediatico che possono utilizzare oggi. Milly Bobby Brown è il classico esempio. Lanciata da Stranger Things, poi finita in Enola Holmes, è con altre colleghe il volto femminile di punta della Generazione Z. Tuttavia ha un grosso problema che questo fantasy mediocrissimo e senza sapore evidenzia ancora di più: non ha un grande talento.
Come se non bastasse, non ha neppure in dote quella fisicità che ha permesso per esempio a Milla Jovovich di bypassare il problema e imporsi nello scenario action con iconicità.
Millie usa i suoi soldi per prodursi i film da sola. Se li produce su misura, e se li produce a forma dell’immagine che vuole emanare e dei messaggi educativi che vuole trasmettere. A forma di auto-eleggersi a “role model”, e di cesellare lo script e ogni inquadratura a comporre un quadro preciso per un target preciso (i giovanissimi). In poche parole: è Dwayne Johnson. È anche riuscita a pagarsi Fresnadillo in regia, che non è l’ultimo, per cui in realtà, dopo una serie infinita di sequenze ultradidascaliche – lei che taglia la legna con l’accetta (metafora di com’è stata scritta la sceneggiatura), lei che ostenta le sue decisioni autonome e ponderate, la vestizione da principessa che evidenzia il lusso inutile e la scomodità dell’abito, l’anello gettato con enfasi a tradimento scoperto, il coraggio nel momento del pericolo, ma anche le urla strazianti nel momento del dolore perché è comunque un essere umano che non ha paura delle proprie debolezze – tutta la parte centrale che segue è confezionata meglio di quanto mi immaginassi.
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