Anno | 2024 |
Genere | Biografico |
Produzione | Francia |
Durata | 102 minuti |
Regia di | Jessica Palud |
Attori | Anamaria Vartolomei, Hugo Becker, Marie Gillain, Yvan Attal, Giuseppe Maggio Céleste Brunnquell, Stanislas Merhar, Alexandre Ionescu, Swann Dupont, Jérémy Charvet, Annaig Briand, Patrice Tepasso. |
MYmonetro | 2,42 su 7 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 22 maggio 2024
Un ritratto dell'attrice Maria Schneider. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Lumiere Awards,
CONSIGLIATO NÌ
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Maria Schneider è una ragazza curiosa e innamorata del cinema. Diventa di colpo un'attrice famosa grazie a L'ultimo Tango a Parigi di Bertolucci con Marlon Brando, ma sarà un'esperienza traumatica che la metterà a dura prova e che le condizionerà l'esistenza. Conoscerà la ferocia del giudizio degli altri prima, poi l'eroina e l'incubo della dipendenza.
Un film autoriale, forte, con il preciso intento di raccontare la vita emotiva di Maria Schneider. Quello che firma Jessica Palud non è il solito biopic, è piuttosto il racconto sentito e viscerale delle emozioni vissute dall'attrice negli attimi clou della sua vita, privata e professionale.
I litigi fisici e furiosi con la madre che la caccia di casa prima, le crisi di astinenza da eroina poi, nel mezzo l'evento traumatico che - pare voler dire Palud - le stravolge per sempre la vita: la famigerata scena di violenza sul set di L'ultimo tango a Parigi di Bertolucci, girata con Marlon Brando. Una scena che, mostra chiaramente il film, sarebbe dovuta terminare in un altro modo, ma Bertolucci - interpretato da Giuseppe Maggio - insiste per cambiarla all'ultimo, dicendo a Schneider che la voleva più "intensa, aggressiva" e che voleva girarla direttamente, senza prima provarla. La scena diventa quella che tutti conosciamo, Matt Dillon interpreta un Brando succube di Bertolucci e del suo carisma, Anamaria Vartolomei una Schneider fragilissima, spezzata per sempre dalla doppia violenza della scena. Doppia perché, racconta la stessa Schneider, si è sentita violentata da due uomini (Brando e Bertolucci). Il film prosegue nel sostenere la tesi che quella scena sia l'inizio di un effetto domino catastrofico nella sua vita: i registi la vogliono solo se si spoglia, la gente si divide tra chi la giudica di facili costumi e chi le fa battute sul burro, l'eroina diventa l'unica via di uscita da un mondo di continui feroci giudizi su di lei che spalancano una voragine di buio in cui resta immersa.
Il ricovero in clinica, gli elettroshock, l'incontro salvifico con la ventenne Noor, le continue insofferenze verso una situazione intollerabile, il licenziamento in tronco (da Caligola) per il rifiuto di girare scene di nudo gratuite. C'è tutto questo e molto altro dentro un film che mostra quanto il Mee Too fosse lontano, allora il set era il regno assoluto del regista e tutto era non solo concesso, ma considerato normale. Palud insiste con ogni forza su questo punto, guardandosi dalla tentazione di firmare un film-denuncia militante, e anche da quella di firmare un'opera vouyeuristica o pruriginosa. Il suo Maria è il ritratto sofferto di un'anima traumatizzata, non creduta e resa fragile da un sistema che avrebbe invece dovuto tutelarla. La vulnerabilità esposta è la cifra vincente del film e della performance intensa di Vartolomei, attrice che conferma il suo spessore dopo la complessa risposta del film La scelta di Anne, e che sa catturare lo spettatore con la forza struggente dei suoi primi piani.
Pablo Larraín continua ad arricchire il suo personale Olimpo glamour di figure femminili novecentesche, tutte legate da alcuni tratti comuni: l'instabilità dei rapporti amorosi e una testarda determinazione nel sottolineare la loro centralità dentro le storie, grandi e più piccole che hanno abitato. Il cinema del regista cileno dopo gli esordi legati ad una allegorica e poi sempre più realistica rappresenta [...] Vai alla recensione »
A cinque anni di distanza da Revenir, l'esordio al lungometraggio con cui ottenne anche un riconoscimento per la miglior sceneggiatura nella sezione Orizzonti di Venezia 2019, la quarantaduenne Jessica Palud torna alla regia con Maria, che trae ispirazione da Tu t'appelais Maria Schneider, che la cugina Vanessa Schneider ha dedicato alla vita della sfortunata attrice cinquantottenne nel febbraio 2011. [...] Vai alla recensione »
Maria, è Maria Schneider, la sua storia la racconta in un libro (Tu t'appelais pas Maria Schneider, Grasset) dalla cugina, Vanessa Schneider, molto più giovane di lei, sullo schermo la porta Jessica Palud (era stata negli Orizzonti veneziani con Revenir, 2019, film di problematiche famigliari senza particolari guizzi). In questa triangolazione a mancare alla fine però è proprio Maria Schneider, e non [...] Vai alla recensione »
"È solo un film". Marlon Brando sussurra questo all'orecchio di Maria Schneider dopo la famigerata scena "del burro" appena girata sotto l'occhio di Bernardo Bertolucci. La ragazza, 19 anni, attrice che fino a quel momento aveva recitato solamente in piccole parti, da quel momento in poi non sarà mai più la stessa. Jessica Palud porta in Cannes Première Maria, film che ha già fatto molto parlare di [...] Vai alla recensione »
Partendo dal libro scritto da Vanessa Scheneider, My cousin Maria Schneider: A memoir, Jessica Palud cura un adattamento ideologico e piuttosto sbilanciato per puntare il dito contro Bernardo Bertolucci, condannato con nessun diritto di replica. Consapevole di sollevare l'ennesimo vespaio, il film riapre un capitolo sviscerato sotto mille punti di vista, di cui le interpretazioni, i racconti, le interviste [...] Vai alla recensione »
«In quella scena ho avuto l'impressione che mi violentassero in due: Brando e Bertolucci. E nessuno mi ha chiesto scusa ». La sequenza, l'avrete già capito, è quella notissima del burro di «Ultimo tango a Parigi »: e chi parla è ovviamente Maria Schneider (qui interpretata da Anamaria Vartolomei, già protagonista de «L'événemént», Leone d'oro a Venezia) così come la fa rivivere nella sua opera seconda [...] Vai alla recensione »