alearmando
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domenica 5 dicembre 2010
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perché il tempo non esiste, ma le cose accadono
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A partire dalle versioni del titolo (Sul lago Tahoe/Lake Tahoe/Te acuerdas de Lake Tahoe?) siamo davanti a un film che ci disloca in modo imprevedibile nello spazio. Dove siamo? Dov'è il lago? Che popolo è mai questo? Una sequenza di cartoline in scena fissa, quasi delle diapositive, dividono lo spazio del film. Perché di uno spazio si tratta, non di un divenire temporale: non c'è tempo, dentro le cesure nere che dividono la pellicola. Pochi esseri umani, molto giovani o molto vecchi, stanno, compresenti su queste scene fisse. Non c'è distacco o compiacimento, ma piuttosto una pietà reciproca. Tutti si ascoltano nella loro indolenza, tutti si abbracciano. E gli incontri, circolarmente, riaccadono, dandoci la cadenza degli eventi come in un movimento labirintico, che ci fa ritrovare al punto di partenza.
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A partire dalle versioni del titolo (Sul lago Tahoe/Lake Tahoe/Te acuerdas de Lake Tahoe?) siamo davanti a un film che ci disloca in modo imprevedibile nello spazio. Dove siamo? Dov'è il lago? Che popolo è mai questo? Una sequenza di cartoline in scena fissa, quasi delle diapositive, dividono lo spazio del film. Perché di uno spazio si tratta, non di un divenire temporale: non c'è tempo, dentro le cesure nere che dividono la pellicola. Pochi esseri umani, molto giovani o molto vecchi, stanno, compresenti su queste scene fisse. Non c'è distacco o compiacimento, ma piuttosto una pietà reciproca. Tutti si ascoltano nella loro indolenza, tutti si abbracciano. E gli incontri, circolarmente, riaccadono, dandoci la cadenza degli eventi come in un movimento labirintico, che ci fa ritrovare al punto di partenza. E mentre il mondo è fermo, o al massimo gira su sé stesso, noi scopriamo gli eventi, intensi e drammatici, che possono avere luogo anche senza il tempo. Li dobbiamo ammettere in un percorso à rebours, rileggendo dalla fine all'inizio lo scorrere delle cartoline: per capire che non avevamo capito, che eravamo altrove, e che il cinema, come l'umanità, può esistere pienamente anche fuori dal canone occidentale.
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méliès
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lunedì 7 settembre 2009
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la fuga del giovane juan
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Inquadrature fisse su luoghi desolati, polverosi e assolati a cui si alterna ritmicamente il buio di un ipnotico schermo nero, introducono e accompagnano lo spettatore in un villaggio messicano dello Yucatan, teatro della vicenda che vede protagonista un ragazzo, di nome Juan, di sedici anni. Dopo avere sbattuto contro un palo con la macchina del padre, Juan è costretto a risolvere da solo il problema, non avendo avuto esito la telefonata fatta a casa, e a cercare un’officina per la riparazione del danno al motore. Un anziano meccanico che vive in compagnia di un cane, una giovane madre appassionata di musica che vende ricambi per macchine, un coetaneo patito di arti marziali concorrono alla soluzione del problema; questi incontri sono, al contempo, l’appiglio a cui aggrapparsi per superare lo stato d’animo che tormentano il giovane, offrono un aiuto inconsapevole ad una condizione che lo opprime: suo padre è morto.
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Inquadrature fisse su luoghi desolati, polverosi e assolati a cui si alterna ritmicamente il buio di un ipnotico schermo nero, introducono e accompagnano lo spettatore in un villaggio messicano dello Yucatan, teatro della vicenda che vede protagonista un ragazzo, di nome Juan, di sedici anni. Dopo avere sbattuto contro un palo con la macchina del padre, Juan è costretto a risolvere da solo il problema, non avendo avuto esito la telefonata fatta a casa, e a cercare un’officina per la riparazione del danno al motore. Un anziano meccanico che vive in compagnia di un cane, una giovane madre appassionata di musica che vende ricambi per macchine, un coetaneo patito di arti marziali concorrono alla soluzione del problema; questi incontri sono, al contempo, l’appiglio a cui aggrapparsi per superare lo stato d’animo che tormentano il giovane, offrono un aiuto inconsapevole ad una condizione che lo opprime: suo padre è morto. Juan conclude, il mattino dopo, il suo peregrinare e torna finalmente in casa sua per restare. Il termine della storia si propone come il tassello finale dei singoli episodi che si sono succeduti fin a quel momento, in sequenza, svela il significato del titolo e aiuta a toccare le corde interiori del protagonista, capace di elaborare il lutto per la perdita del padre e di superare l’incapacità, l’impotenza di sostenere la sofferenza della madre e la fragilità del fratello minore. Il film ha concorso al Festival di Berlino 2008, riscuotendo ottime critiche, merito del regista Fernandez Eimbcke che ha saputo utilizzare uno stile personale, che indaga con discrezione i tormenti e la rabbia del giovane Juan, un adolescente costretto a crescere.
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