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Rassegna stampa di Steven Spielberg

Steven Spielberg (Steven Allan Spielberg) è un attore statunitense, regista, creatore, produttore, produttore esecutivo, scrittore, sceneggiatore, montatore, è nato il 18 dicembre 1946 a Cincinnati, Ohio (USA). Steven Spielberg ha oggi 78 anni ed è del segno zodiacale Sagittario.

ANDREA CHIRICHELLI
MYmovies.it

Il regista più famoso e ricco del cinema dei nostri giorni. Ha sempre unito nella sua carriera impegno e disimpegno in un riuscito cocktail che ha accompagnato tutta la sua carriera. Spielberg è moderno favolista che ha saputo raccontare paure e sogni infantili e, utilizzando le più moderne tecnologie, ha diretto gli attori più famosi di Hollywood riuscendo quasi sempre a ottenerne il meglio. Ha soprattutto raccontato storie, tante storie. I suoi film sono sempre stati sinonimi di successo, o quanto meno hanno generato attese spasmodiche tanto da farlo divenire il re incontrastato delle estati americane, periodo nel quale gli studios mettono sul mercato i loro gioielli. Spielberg, dopo l'inizio sperimentale con Duel (1971), ha visto quasi subito arridergli la fortuna al botteghino grazie a film campioni d'incasso come Lo squalo (1975), Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) (lo stesso anno in cui è uscito Guerre stellari dell'amico Lucas), I predatori dell'arca perduta (1981), che ha impresso nell'immaginario collettivo la figura dell'archeologo-avventuriero Indiana Jones consacrando definitivamente Harrison Ford come star mondiale, ed E.T. (1982), forse il suo film più personale e riuscito, almeno per quel che concerne questa prima fase della carriera. A metà degli anni Ottanta, onusto di successi commerciali ma a secco di premi, Spielberg ha avviato un percorso cinematografico, diverso, più maturo, complesso e soprattutto attento a temi di carattere sociale e civile con risultati più o meno riuscinti come Il colore viola (1985 - più - o L'impero del sole (1987) - meno - che gli hanno permesso di non essere più identificato solo come creatore di pellicole fantastiche di intrattenimento. Gli anni Novanta hanno accentuato questa dicotomia: da un lato Spielberg continuava a girare film leggeri come Hook (1991) e Jurassic park (1997), dall'altro produceva film impegnati e di grande successo come Schindler list (1993), Amistad (1997) e Salvate il soldato Ryan (1999). Nella sua opera ultima, A.I. Intelligenza artificiale (2001), il connubio tra queste due anime è divenuto palese e, nonostante il risultato sia stato molto discusso e criticato, anche a causa dell'ombra di Kubrick che giganteggiava alle sue spalle, Spielberg ha dimostrato ancora una volta la sua innata versatilità.

IRENE BIGNARDI
La Repubblica

Steven Spielberg è il regista-produttore-inventore di storie più fortunato (nel senso “di maggior successo”, perché non di fortuna si tratta ma di intelligenza) della storia del cinema. Si può non amare Jurassic Park (1993), il più grande incasso di tutti i tempi, e trovarlo un baraccone rumoroso, ma bisogna inchinarsi davanti alla sapienza di un uomo di spettacolo che nello stesso anno tiFa fuori, dalla stessa factory e dalla stessa mente, anche un film emozionante e importante come Schindler’s List - La lista di Schindler (1993), l’unico fino a oggi che sia riuscito a mettere un pubblico con tendenza all’amnesia storica, cioè il pubblico americano, davanti alla tragedia dell’Olocausto.

FERNALDO DI GIAMMATTEO

È un regista-azienda, il cui valore si misura sul metro degli incassi: caso unico e coerente, occupa un posto privilegiato nell'industria del cinema statunitense. Figlio di un ingegnere elettronico e di una pianista, passa da una provincia all'altra (New Jersey, Phoenix) prima di stabilirsi in California dove mette a frutto la sua passione per il cinema. Lavora a lungo per la televisione, ed è lì che compie la sua sola infrazione (a non considerare il tardo Schindler's List - La lista di Schindler, 1993, nel quale si inchina - come autore e come ebreo - davanti alle vittime dell'Olocausto) realizzando quell'angosciante sfida fra un uomo e un mostro (rappresentato da un enorme camion) che fin dal titolo - Duel (1971) - rivela la natura di una società oppressiva cui l'uomo può resistere solo con l'astuzia dell'intelligenza. Ha 24 anni, l'esordiente cineasta.

EDOARDO BRUNO

Spielberg ne L'impero del sole si avvicina alla storia con lo stupore di chi vuole guardarsi indietro a scrutare nelle pieghe del possibile per rintracciare i percorsi della favola e del mito. Così come era accaduto in 1941, si ritrova immesso negli abissi di un paesaggio 'inaudito', dove più che la visione conta il sentire dell'oblio, con le immagini dell'infanzia che restituiscono l'ampiezza di un orizzonte oceanico, e il brivido che si ha immaginando di affacciarsi sull'atlantico, nel luogo di congiunzione di due continenti. Tutti e due questi film si traducono nella visione della propria ipseitìa, danno il senso apocalittico della visione, in un trasalimento che fa dello spazio il tempo del racconto, mentre la memoria ricostruisce sensazioni e pulsioni, in un disperato legarsi alla vita, nella testimonianza del divenire. In L'Impero del sole la guerra, gli anni dal 1941 al 1945, Shangai, l'invasione giapponese, la vita in un campo di concentramento offrono a Spielberg materia per una metafora sull'esistente, sul difficile crescere di un bambino che vediamo mutare sotto i nostri occhi, cambiare in carattere e impegno, sino alla sua trasformazione completa. La messa tra parentesi del periodo bellico diviene la ragione della sua crescita, l'epochè non e più un atteggiamento filosofico, ne un atteggiamento intenzionale, ma il dato di fatto, la sua condizione. È l'"oltre" della sua radicale alterità, il possibile puro per continuare ad essere. L'occhio della mdp ricostruisce la sensazione della Shangai 1941 di questa città meravigliosa, in quegli anni della memoria, fa rivivere il fascino -delle sue strade, le ville dei ricchi diplomatici occidentali, il fiume, le barche. È un paesaggio mentale, un paesaggio dell'emozione, che accoglie questa natura non indifferente e la rende strettamente legata allo sguardo del giovane protagonista. È una immersione nel mito, in cui anche gli avvenimenti negativi conservano il fascino del memorabile, dove il passaggio dal prima al dopo è semanticamente avvertito. I giorni dell'ira, dell'invasione, della folla incredibile che straripa come un fiume in piena, che devasta e distrugge, hanno uno spessore soggettivo, sono la rottura di un incanto che sembrava immutabile: e in quell'attimo prolungato in cui si rovesciano i segni significanti, padre e madre e figlio si perdono come in un vortice.

PRESSBOOK

È uno dei soci principali dei DreamWorks Studios. Insieme a Stacey Snider, si è unito al Reliance Anil Dhirubhai Ambani Group nel 2008 per dare vita alla nuova DreamWorks, che è una continuazione dei DreamWorks Studios fondati da lui, Jeffrey Katzenberg e David Geffen nel 1994. Nel corso della sua storia, la DreamWorks ha goduto di un grande successo di critica e pubblico, realizzando alcuni dei film più noti degli ultimi anni, fra cui tre premi Oscar consecutivi: American Beauty, Gladiator e A Beautiful Mind (gli ultimi due in coproduzione con la Universal). Hanno portato sullo schermo successi quali Transformers, The Ring, Minority Report, Catch Me If You Can (Prova a prendermi) e Meet the Parents (Ti presento i miei) e il suo sequel.
Tra i filmmakers più noti e influenti dell’industria, Spielberg ha diretto e prodotto anche a livello esecutivo, alcuni dei film più importanti di tutti i tempi fra cui Jurassic Park e E.T. The Extra-Terrestrial (ET – l’extraterrestre). Fra la miriade di onorificenze, è stato tre volte premio Oscar, aggiudicandosi due statuette come Migliore Regia e Miglior Film per Schindler’s List e un terzo Oscar per la Migliore Regia di Saving Private Ryan (Salvate il Soldato Ryan).
Quest’ultimo film, una coproduzione DreamWorks/Paramount interpretata da Tom Hanks, è stato campione di incassi negli USA nel 1998 nonché uno dei film più premiati dell’anno, con cinque Oscar (fra cui uno per Spielberg come Miglior Regista) e due Golden Globe Award come Miglior Film (Drammatico) e Migliore Regia. Spielberg è stato inoltre premiato dai suoi colleghi con il Directors Guild of America Award (DGA), e ha condiviso con gli altri produttori del film il Darryl F. Zanuck Award del Producers Guild of America (PGA) per il Produttore dell’Anno. Quell’anno il PGA ha consegnato a Spielberg il prestigioso Milestone Award per il suo storico contributo all’industria del cinema.

UGO CASIRAGHI

Ricordate Il ponte sul fiume Kwai? C'erano gli inglesi (Alec Guinness), c'erano gli americani (William Holden) e c'erano i giapponesi (Sessue Hayakawa). Esattamente come nell'ultimo film di Steven Spielberg, L'impero del sole. Salvo che qui l'inglese è un fanciullo che, si fa per dire, matura all'esperienza della guerra e del campo di concentramento.
Onusto di Oscar 1958 (sette premi tra cui i principali) Il ponte sul fiume Kwai, tratto da un romanzo di Pierre Boulle, era un kolossal di due ore e mezzo, come quello di Spielberg. Anche L'impero del sole deriva da un romanzo, però fortemente autobiografico. Finora molto apprezzato quale scrittore di fantascienza, J. G. Ballard ha narrato stavolta una vicenda scritta sulla propria pelle. Le iniziali J. G. stanno per James Graharn, e Jim Graham si chiama infatti il protagonista del film.
C'è ancona un altro legame con la vecchia superproduzione di David Lean. Il regista di Passaggio in India, che oggi ha ottant'anni, appena letto il libro di Ballard uscito nel 1984, se ne appassionò al punto di volerlo dirigere personalmente e chiese proprio a Spielberg di produrglielo. Poi le cose andarono altrimenti e Spielberg, che di soldi ne ha moltissimi ma di anni ne ha la metà, ha finito per ereditare il progetto e produrselo per proprio conto. Niente di male, probabilmente Sir David Lean non avrebbe avuto la stessa energia.
In questo trentennio molta acqua è passata sotto Il ponte sul fiume Kwai e molt'altra ne era passata anche in precedenza nella storia del cinema dopo la fine della seconda guerra mondiale, che coincide con la fine dell'impero del sole e del film. Quando Spielberg nasceva (1947) Rossellini descriveva in Germania anno zero la disperazione e il suicidio di un fanciullo tra le macerie di Berlino. Nel 1951 il francese René Clément realizzava Giochi proibiti, nel '52 il giapponese Kaneto Shindo I figli della bomba atomica. Dieci anni dopo il russo Andrei Tarkovsky presentava alla Mostra di Venezia la sua opera prima L'infanzia di Ivan, vincendo un Leone d'oro. Sono tutti titoli - e altri se ne potrebbero aggiungere, dagli italiani Sciuscià e Paisà fino ad Anni Quaranta dell'inglese John Boorman e ad Arrivederci ragazzi del francese Louis Malle - che hanno un tema in comune: l'infanzia di fronte alla guerra, l'innocenza distrutta dall'orrore procurato dagli adulti.

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