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Ultimo aggiornamento martedì 11 settembre 2018
Da una vita senza regole, alle dipendenze di droga e alcool, a una condizione paralitica dove il fumetto diventa l'unica via di fuga. In Italia al Box Office Don't Worry ha incassato 347 mila euro .
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John Callahan ha una grande bramosia di vivere, un talento per le battute colorite e un grosso problema di alcolismo. In una notte in cui sia lui sia il suo compagno di bevute sono in auto subiscono un grave incidente che lo costringe su una sedia a rotelle e gli consente di scrivere solo unendo entrambe le mani. L'ultima cosa a cui pensa è smettere di bere ma quando, seppur recalcitrante, entra in un gruppo di recupero per alcolisti, scopre di avere un dono nel disegnare vignette capaci di provocare sia risate sia reazioni sdegnate.
Dopo un film in cui la sua vena più intima sembrava essersi smarrita nei sentieri de La foresta dei sogni, Gus van Sant torna ad occuparsi dei temi che più gli stanno a cuore grazie a un soggetto che ha origini lontane.
Circa vent'anni fa Robin Williams aveva acquisito i diritti dell'autobiografia di Callahan per realizzarne un film di cui voleva essere protagonista proponendone a Van Sant la regia. Il progetto, nonostante diversi tentativi, non riusciva però a trovare una sua configurazione. Solo in seguito alla scomparsa di Williams il regista ha capito che il problema stava nel non pretendere di realizzare un biopic sulla vita del protagonista ma che era invece necessario concentrarsi sul suo recupero dall'alcolismo (a proposito del quale si può trovare in rete un sarcastico film di animazione a firma dello stesso Callahan).
Grazie a un Joaquin Phoenix che sa offrire la giusta misura di irriverenza ma anche di introspezione al personaggio, Van Sant riesce ad affrontare anche il tema della disabilità senza falsi pietismi. Callahan, spesso contestato per l'infrazione di tabù consolidati e del tutto disinteressato al rispetto del politically correct, una volta ha detto: "Il mio solo metro di giudizio per comprendere se mi sono spinto troppo oltre lo trovo in persone costrette sulla sedia a rotelle o che hanno uncini al posto delle mani. Come me non ne possono più di quelli che pretendono di parlare in nome dei disabili. Di tutta quella pietà e paternalismo. Questo è ciò che va veramente detestato".
Se a questo si aggiunge che Callahan viveva nell'area a nordovest di Portland nell'Oregon (città in cui Van Sant ha vissuto e in cui ha ambientato alcuni dei suoi film migliori) si può comprendere come si sia trattato di un 'ritorno a casa'. Attraverso le corse pazze nel traffico urbano di un uomo paralizzato su una sedia a rotelle a motore ma anche con le sue soste di riflessione, nel confronto con il suo passato, nella capacità di fermarsi a raccontare di sé a dei ragazzini che hanno lasciato i loro skateboard per soccorrerlo, emerge il ritratto di una personalità complessa che non si limita a offrirci informazioni su una vita ma ci invita a superare più di un pregiudizio.
Premesso che sono un estimatore del cinema di Van Sant dai tempi di "Drugstore cowboy", in questo nuovo lavoro lo ritrovo in piena forma. Il film è davvero ricco di temi (l'alcolismo, la disabilità, la caduta e il riscatto); il regista riesce a presentarceli tutti in modo onesto e senza pregiudizi. La storia di Callaghan viene fuori senza finti omaggi, forse con qualche [...] Vai alla recensione »
La storia di John Callahan, disegnatore su sedia a rotelle assolutamente non politically correct, ci viene raccontata e proposta da Gus Van Sant, del quale è superfluo parlare. Il regista, al diciottesimo lungometraggio e dopo una lunghissima e celebre carriera, ripropone sul grande schermo la biografia del fumettista, paraplegico e immobile dalla testa in giù, curando senza fronzoli [...] Vai alla recensione »
“Don't Worry, He Won't Get Far on Foot”– è il titolo completo del film di Gus Van Sant - costituisce un pezzo di bravura dell’attore Joaquin Phoenix che con la sua interpretazione di John Callahan, il celebre vignettista rimasto paralizzato dopo un incidente automobilistico all'età di ventun’anni, si candida all’Oscar 2019 come migliore [...] Vai alla recensione »
Dalla biografia di John Callahan, vignettista satirico tetraplegico, con una infanzia difficile alle spalle, fino ai 22 anni vive da alcolizzato convinto e dedito all abuso di sostanze stupefacenti. In una notte di bagordi è vittima di un incidente automobilistico che lo costringerà sulla sedia a rotelle, tetraplegico quasi completo.
Nella maggior parte dei film che catturano la mia attenzione uno dei temi cardine è quello del Cambiamento, quel processo che in Terapia porta la persona ad una meta positiva e di felicità e che in Don’t Worry viene trattato con attenzione alle dinamiche profonde di emozioni e sentimenti, rispettandone la dignità e la complessità.Il cambiamento in questo film passa attraverso i vissuti emotivi biografici [...] Vai alla recensione »
Il regista Gus Van Sant ritorna nelle sale cinematografiche con la sua ultima opera “Don’t Worry” in cui ancora una volta analizza un determinato aspetto della realtà e qui, più precisamente, quello di un uomo che in seguito alla sua dipendenza dall’alcol rimane coinvolto in un incidente stradale e da questo momento in poi sarà costretto a vivere su [...] Vai alla recensione »
Si tratta della biografia di un giovane vignettista che per un incidente automobilistico finisce tetraplegico su una sedia a rotelle. una tematica ampimente trattata sugli schermi. Incuriosisce chiedersi come mai un regista considerato tra i più innovativi e creativi abbia accettato di girare l’ennesimo film sulla disabilit&agra [...] Vai alla recensione »
straordinario dialogo tra due mirabili attori,nessun'altro avrebbe potuto interpretare questa sceneggiatura tratta da una storia vera,più di un tema trattato con sufficiente lungimiranza,un plauso.
« Dolore, sofferenza, dipendenza » ce n’è per tutti i gusti in « Dont’worry » Una regia molto buona di Gus Van Sant, una grande interpretazione di Joaquin Phoenix (forse la migliore in assoluto). Dunque un grande film ? No, fondamentalmente perché questo diario a macchia di leopardo non riesce ad emozionare, non riesce ad aggiungere nulla al personaggio [...] Vai alla recensione »
Un film didattico sul problema dell'alcolismo e sui i sensi di colpa che spesso lo sottendono. Un percorso terapeutico struggente che porta il personaggio principale John Callahan (reale nella vita e qui ottimamente interpretato da Joaquin Phoenix) a liberare la propria creatività sino a diventare un vignettista di successo. Un messaggio positivo, quello che lancia il regista, per tutti [...] Vai alla recensione »
"Non ho fatto altro che cavalcare la forza vitale di Joaquin Phoenix", ha dichiarato Philip Seymour Hoffman nell'accettare la Coppa Volpi ex aequo alla 69esima edizione della Mostra di Venezia per The Master. E in effetti è più giusto descrivere Phoenix come una forza della natura che come un semplice attore: da quando è comparso sulla scena - a 8 anni, in una trasposizione televisiva del musical Sette spose per sette fratelli - il pubblico ha dovuto fare i conti con la sua presenza scenica potente (nonostante un labbro leporino mal ricucito) e la sua recitazione intensa.
Terzo dei cinque fratelli Phoenix dopo River e Rain, anche loro attori (il primo scomparso a 23 anni), ha rinunciato al "nome d'arte" Leaf ("Foglia") per recuperare quello assegnatogli dai genitori, Joaquin, in onore del suo luogo di nascita, Porto Rico.
Anche il cognome è un'invenzione: in origine era Bottom, cioè "fondo" o "base", ma poiché la tendenza famigliare era quella di risorgere dalle proprie ceneri come la Fenice, è diventato Phoenix. Nel caso di Joaquin, però, l'animale di riferimento resta il camaleonte. Dal ruolo del problematico amante 19enne di Nicole Kidman in Da morire a quello del perverso imperatore Commodo ne Il Gladiatore, dal re della musica country Johnny Cash in Quando l'amore brucia l'anima al divo ingestibile e strafottente del mockumentary Joaquin Phoenix: Io sono qui!, in cui interpretava se stesso con straordinaria autoironia sotto la regia del cognato Casey Affleck, Joaquin si è trasformato incessantemente, spesso anche fisicamente, acquistando e poi perdendo decine di chili di peso, passando da una barba incolta e un capello hippie a una rasatura da Marine senza alcuna lamentela da divo.
Se c'è un tratto distintivo nella filmografia di Gus Van Sant è la tenerezza con la quale accarezza i suoi personaggi. Potrebbe sembrare riduttivo raccontare un regista e sceneggiatore - oltre che pittore, scrittore, fotografo montatore e musicista - che ha lasciato il segno nel cinema americano, ha conquistato la Palma d'Oro per il Miglior Film e la Miglior Regia (Elephant) ed è stato due volte candidato all'Oscar (Will Hunting genio ribelle e Milk). Ma la sua innegabile abilità dietro la cinepresa, la sua capacità di sperimentare con il linguaggio cinematografico e la destrezza con cui costruisce sceneggiature solo apparentemente impalpabili impallidiscono di fronte all'empatia viscerale per chiunque si trovi ai margini della società o della propria esistenza.
Fin dal suo film di esordio - quel Mala Noche che narrava l'attrazione del giovane protagonista per un ragazzo ancora più giovane - Van Sant ha messo al centro delle sue storie personaggi omosessuali senza caratterizzarli come vittime non della discriminazione sociale ma di un rifiuto di natura romantica.
Un rifiuto che Van Sant, gay dichiarato fin dall'adolescenza, ha occasionalmente subito ma ha saputo trasformare in tensione narrativa all'interno di una cinematografia che ha visto allinearsi uno dietro l'altro il laconico Drugstore Cowboy, il pasoliniano Belli e dannati e il lisergico Cowgirl - Il nuovo sesso, tutti interpretati da giovani tossicomani e prostitute, autostoppiste e travestiti, ognuno dei quali raccontato con assenza di giudizio morale.
Dopo il tonfo del misticheggiante La foresta dei sogni, accolto tra i fischi al festival di Cannes tre anni fa, Gus Van Sant è tornato al suo versante di lavori più comunicativi e rivolti al grande pubblico (Scoprendo Forrester, Will Hunting - Genio ribelle, Milk) con questo film, presentato alla rassegna cinematografica di Berlino. Tuttavia, pur senza arrivare alla forza sperimentale di Elephant o [...] Vai alla recensione »
Il titolo originale del nuovo film di Gus Van Sant, in sala il 29 agosto, Don't Worry, He Won't Get Far on Foot (era in concorso a Berlino), rimanda da subito al suo protagonista, il disegnatore John Callahan, e a una delle sue caustiche vignette -uno sceriffo davanti a una sedia a rotelle vuota che dice: «Non preoccuparti a piedi non andrà lontano».
Il personaggio si chiamava John Callahan e se avete visto le sue vignette (pubblicate anche da "New Yorker" e "Playboy") non le avrete dimenticate. Tratto tremolante, ferocia e irriverenza totali, Callahan aveva scoperto il proprio talento dopo un incidente che lo aveva lasciato tetraplegico a 21 anni. Dettaglio chiave: l'uomo non era un santo, anzi era uno spostato e un alcolizzato che l'incidente [...] Vai alla recensione »
La character assassination comincia dal titolo italiano, troncato a metà. "Don't Worry He Won't Get Far on Foot" era l'originale, didascalia di una vignetta firmata John Callahan. "Non andrà lontano a piedi": frase sentita mille volte, nei western con il cavallo azzoppato o nei polizieschi con l'automobile capottata e il fuggiasco che cerca un nascondiglio.
Firmando l'adattamento di Don't worry, he won't get far on foot, l'autobiografia del vignettista disabile e alcolizzato John Callahan, Gus Van Sant tocca tanti temi, trai quali la disabilità, la misoginia in Oregon e le molte polemiche suscitate dalle graffianti vignette di Callahan. Ma sono tutte questioni che rimangono alla periferia di un dramma che parla fondamentalmente del successo del protagonista [...] Vai alla recensione »
Storia vera di un ragazzo di talento con un enorme problema: John Callahan (Joaquin Phoenix) perde le gambe a 21 anni in un incidente, dopo una sbronza. Due cose Io terranno in vita: l'umorismo e un innamoramento. Inizia a disegnare vignette graffianti anche sulla disabilità, pubblicate anche dal New Yorker. Diventa popolare. Non smette di bere, ma grazie alla sua ragazza va in terapia.
Don't worry, ha un sottotitolo provocatorio. «A piedi non andrà lontano». John Callahan resta paralizzato dopo un incidente stradale in una notte di sbornie. È la storia di un uomo che ha temuto la tetraplegia, «se l'è cavata» con il blocco alle gambe, ha sconfitto l'alcol e da vignettista si è attirato odi e simpatie. Narrazione ripetitiva e noiosa.