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CANNES 2024 Un Certain Regard

Laetitia Dosch • Regista di Le Procès du chien

“La gente ti dice sempre che la posta in gioco deve essere chiara, ma nella vita non è mai così"

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- CANNES 2024: La cineasta franco-svizzera spiega perché si è imbarcata in un film totalmente fuori dall'ordinario, ma altamente magistrale nella sua eccentrica singolarità

Laetitia Dosch • Regista di Le Procès du chien
(© Fabrizio de Gennaro/Cineuropa)

Presentato nel programma Un Certain Regard del 77mo Festival di Cannes, Le Procès du chien [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Laetitia Dosch
scheda film
]
è il primo lungometraggio da regista dell’attrice franco-svizzera Laetitia Dosch.

Cineuropa: Come è nata l’idea del film?
Laetitia Dosch: Mi hanno raccontato di un processo che coinvolgeva un cane: il padrone era accusato perché il suo cane aveva morso una donna in faccia. Scoprii altre storie dello stesso tipo e ogni volta c'era una vera e propria mania per questi casi: la gente prendeva una posizione molto forte con manifestazioni, petizioni, articoli di giornale, ecc. Ho pensato che se la cosa stava assumendo tanta importanza, significava che qualcosa non era chiaro, non era definito, riguardo allo status degli animali, al loro posto. Ha sollevato molte domande interessanti e ho pensato che creare una discrepanza e mettere il cane al comando potesse essere un ottimo soggetto per una commedia, che potesse essere divertente. Perché la commedia è per tutti. La sfida è stata quella di rendere le idee molto chiare allo spettatore, in modo che il film fosse accessibile e potesse raggiungere il maggior numero possibile di persone attraverso l'umorismo, perché è sia un piacere personale che un modo per parlare di qualcos'altro.

Ha fatto ricerche legali?
Molte. Secondo la legge svizzera, i cani sono trattati come oggetti, come proprietà. È per questo che si possono mangiare gli animali: perché non li si uccide, ma li si distrugge, come oggetti. Questo mi ha colpito perché bastava che il cane non fosse più una proprietà perché non potessimo più ucciderlo o che fosse un individuo perché potessimo giudicarlo. Bisogna anche sapere che le foreste e i fiumi hanno ora uno status giuridico e possono quindi essere difesi in tribunale: puoi sporgere denuncia a loro nome.

Cosmos, il cane del film, è difeso da un’avvocata piuttosto particolare che lei interpreta. Come la definirebbe?
È una persona che difende le cause perse, quindi crede nella giustizia, nelle circostanze attenuanti, e credo che questo sia bellissimo. Ma soprattutto è una donna a cavallo tra due epoche: sente che il MeToo è arrivato, ma non ha le chiavi per esprimersi liberamente e francamente. Cerca un modo per affermare se stessa, e questo si traduce in una voce che va in tutte le direzioni, che non si assume la responsabilità di se stessa. Vuole sempre avere una voce profonda, una voce da uomo appunto, per essere ascoltata, per avere autorità, ma non so se sia la soluzione. Troverà la sua forza nel difendere questo cane, nella sua convinzione.

Quanto voleva che fosse burlesco il film?
Cercavo una forma di commedia come quella delle serie anglosassoni Fleabag e Louie, dove il tono cambia continuamente. Una commedia che rappresentasse anche il mio modo di vedere la vita: mi alzo la mattina, inizia bene o male, e non finisce mai allo stesso modo. Non sai mai se sarà divertente o violento. Quando scrivi un film, ti dicono sempre che la questione deve essere chiara, ma nella vita non è mai così: la questione è chiara per quindici minuti, ma poi succedono 40.000 cose.

Che dire della parte avversa, rappresentata in modo molto fumettistico, che utilizza la vicenda dei cani per fare politica sulla sicurezza?
Quando guardo Donald Trump, Marine Le Pen o Éric Zemmour, mi fanno paura perché li vedo come personaggi da cartone animato, come battute, ma non sono battute. Volevo mostrare un personaggio che assomiglia a un cartone animato, ma che tuttavia finisce in riunioni (trasmesse dai social network) dove c'è molta gente, dove si grida “bisogna uccidere quel cane”. Ciò sta assumendo proporzioni enormi e non ce lo aspettavamo.

(Tradotto dal francese)

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