nick
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domenica 5 maggio 2024
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buco nell''acqua
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Sceneggiatura inesistente
Trama banale
Peccato perchè il contesto è (e continua) ad essere interessante
Questo film veramente non ha alcun senso
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felicity
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mercoledì 15 febbraio 2023
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la storia di un evento più attuale che mai
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Detroit è un film necessariamente violento e doloroso, con relativi pesi e misure sul valore della vita umana, ma è proprio questa ambiguità che regala un’opera raffinatissima e dal forte impatto sia emozionale che intellettuale.
La visione di Detroit è pari a una fredda lama che entra nella nuca e si fa strada all’interno del corpo fino a esplodere nel petto, colpisce lo stomaco, non risparmia nessun organo vitale, risultando volontariamente disgustoso ma necessario, per restituire al meglio il marciume raffinato di una vicenda che ancora tiene banco tra media e lotte razziali, e che per quanto se ne ometta, è un ostacolo che sembra ostruire ancora oggi come cinquant’anni fa, la strada verso l’uguaglianza.
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Detroit è un film necessariamente violento e doloroso, con relativi pesi e misure sul valore della vita umana, ma è proprio questa ambiguità che regala un’opera raffinatissima e dal forte impatto sia emozionale che intellettuale.
La visione di Detroit è pari a una fredda lama che entra nella nuca e si fa strada all’interno del corpo fino a esplodere nel petto, colpisce lo stomaco, non risparmia nessun organo vitale, risultando volontariamente disgustoso ma necessario, per restituire al meglio il marciume raffinato di una vicenda che ancora tiene banco tra media e lotte razziali, e che per quanto se ne ometta, è un ostacolo che sembra ostruire ancora oggi come cinquant’anni fa, la strada verso l’uguaglianza.
Sembra questo il messaggio della Bigelow: narrarci la storia rendendo retroattivo un evento più attuale che mai.
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fabal
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mercoledì 17 novembre 2021
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asciutto ma di grande potenza
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Detroit, 1967. Il quartiere afroamericano della città è ormai un ghetto a tutti gli effetti. Una sera, dopo una retata della polizia in un locale che vende alcolici senza licenza, scoppia la rivolta: risse, vetrine sfondate, guerriglia urbana e persino cecchini che dalle finestre sparano su polizia e Guardia Nazionale. Dalla finestra di un motel, per gioco, un ragazzo spara con una scacciacani: è l’inizio di un incubo. Tre agenti di polizia irrompono nel motel e tengono in ostaggio nove persone (tra cui due ragazze bianche), menando botte e minacciando di uccidere i neri uno ad uno finché l’arma e il presunto cecchino non salteranno fuori.
Ennesima prova del talento della Bigelow dietro la macchina da presa, Detroit si rivela capace di narrare una vicenda di violenza e soprusi, anche prolungati, senza gli eccessi dello splatter né del cattivo gusto.
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Detroit, 1967. Il quartiere afroamericano della città è ormai un ghetto a tutti gli effetti. Una sera, dopo una retata della polizia in un locale che vende alcolici senza licenza, scoppia la rivolta: risse, vetrine sfondate, guerriglia urbana e persino cecchini che dalle finestre sparano su polizia e Guardia Nazionale. Dalla finestra di un motel, per gioco, un ragazzo spara con una scacciacani: è l’inizio di un incubo. Tre agenti di polizia irrompono nel motel e tengono in ostaggio nove persone (tra cui due ragazze bianche), menando botte e minacciando di uccidere i neri uno ad uno finché l’arma e il presunto cecchino non salteranno fuori.
Ennesima prova del talento della Bigelow dietro la macchina da presa, Detroit si rivela capace di narrare una vicenda di violenza e soprusi, anche prolungati, senza gli eccessi dello splatter né del cattivo gusto. Le scene sono crude, la foga razzista degli agenti di polizia indigna lo spettatore nel profondo senza il bisogno di schizzi di sangue a fiotti e sadismo in stile tarantiniano. Nonostante l’ammissione nei titoli di coda, in cui si dichiara che la vicenda è stata ricostruita in modo “romanzato”, Detroit mantiene fino in fondo il suo equilibrio di film di denuncia storica, che sa perfettamente da che parte schierarsi (e vuole farlo), portando con sé anche uno spettatore frastornato dalla crudeltà degli eventi. La denuncia della Bigelow, tuttavia, differisce parecchio dalle modalità con cui uno Spike Lee avrebbe, ad esempio, interpretato la pellicola: manca di immediatezza nel calarsi a fondo nel retroterra storico afroamericano. E a Detroit si può forse rimproverare di perdere di vista il contesto meramente razziale della rivolta così come della repressione che ne consegue: i poliziotti aguzzini potrebbero essere, da questo punto di vista, dei semplici psicopatici che tanto si sfogano sui neri quanto sulle due ragazze bianche. Manca, se vogliamo, quel rancore sedimentato nella comunità nera, vittima di un continuum razzista bianco e non legato al preciso episodio storico ma onnipresente: caratteristica sottesa in tutti i film di un narratore perfettamente interessato quale è Spike Lee.
Ma il leggero distacco della Bigelow rispetto alle vicende narrate ne è anche uno dei maggiori pregi: Detroit è asciutto, schietto, e resiste alla tentazione dei lunghi intermezzi sentimentali con pianti struggenti e scene strappalacrime, che pure potevano essere legittime nelle scene in cui un padre afroamericano scopre di aver perso un figlio. Altro punto di forza del film è la condanna netta ma non generalizzata alle forze di polizia e, più in astratto, di non creare una divisione fiabesca tra “buoni e cattivi” : se almeno ad uno dei tre agenti torturatori è concessa la stupidità come attenuante, dall’altra parte nemmeno il personaggio di Boyega, spettatore troppo neutrale e immobile della tragedia, ne esce totalmente assolto.
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emmeci
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lunedì 15 marzo 2021
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bello tra i tanti (o troppi)
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Ammiro K. Bigelow che anche in questa pellicola mette tecnica e carattere. Il film meriterebbe 4 stelle se non fosse che il tema è oltremodo abusato. Al cinema solo gli afroamericani sono discriminati, la realtà invece racconta purtroppo un ben più ampio ventaglio di vittime del razzismo e ritengo che tutte le storie abbiano lo stesso diritto di essere raccontate. Come ricorda E. Norton ne "La 25ma ora" la schiavitù negli USA è finita 156 anni fa, mentre innaltre parti del mondo esiste ancora, non dimentichiamolo.
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mr.rizzus
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martedì 2 marzo 2021
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capolavoro
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lunedì 1 marzo 2021
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venerdì 26 febbraio 2021
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elgatoloco
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lunedì 26 ottobre 2020
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un"grande film", davvero
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Kathrin Bigelow con questo"Detroit"(2017, sceneggiatura di Frank Boal), realizza un film importante, che mostra come la violenza del potere bianco(ma diremmo meglio del potere in genere)possa burlarsi di leggi, regolamenti, modalità di comportamento, attuando un regime da"stato di polizia"quando fomralmente vigerebbe la "democrazia", lo"stato di diritto". Con sequenze para(o meglio pseudo-documentaristiche)una notevolissima denuncia, sorretta, comunque da una professionalità tecnica eccelsa. A mezzo secolo(era il 1967, l'annus horribilis per questi fatti)di distanza, la Bigelow mette sotto accusa un sistema che permette che reclute(o non reclute, l'età conta relativamente, del resto)frustrate si sfoghino su giovani di colore e su giovani ragazze bianche"colpevoli"di essere andate a trovare"intimamente"degli"afroamericani".
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Kathrin Bigelow con questo"Detroit"(2017, sceneggiatura di Frank Boal), realizza un film importante, che mostra come la violenza del potere bianco(ma diremmo meglio del potere in genere)possa burlarsi di leggi, regolamenti, modalità di comportamento, attuando un regime da"stato di polizia"quando fomralmente vigerebbe la "democrazia", lo"stato di diritto". Con sequenze para(o meglio pseudo-documentaristiche)una notevolissima denuncia, sorretta, comunque da una professionalità tecnica eccelsa. A mezzo secolo(era il 1967, l'annus horribilis per questi fatti)di distanza, la Bigelow mette sotto accusa un sistema che permette che reclute(o non reclute, l'età conta relativamente, del resto)frustrate si sfoghino su giovani di colore e su giovani ragazze bianche"colpevoli"di essere andate a trovare"intimamente"degli"afroamericani". In carica come presidente era Lyndon B.Johnson, presidente ambiguo, "succedaneo"di Joihn F.Kennedy, ma le responsabilitò sono da ripartire tra diverse istanze di potere, senza voler necessariamente dare la colpa all'uno o al'altro in maniera predominante. La regista, che si conferma una delle migliori realizzatrici o meglio uno dei migliori registi tout court(intendo: senza differenza di genere, dove del resto"film al femminile"o "letteratura o poesia femminile"vuol dire poco o rischia di non voler dire nulla)ha creato un film nel quale, essendo veramente corale, sarebbe sciocco e fuorivante prilegiare un(a)interprete sulll'altro(a). Decisamente un grande film, dove il cinema incontra la storia, rivivendola e facendola rivivere, dando anzi un apporto determiannte a chi voglia(qualcuno/a ci sarà pure, si spera...)approfondire tali temi. Un capitolo particolare, se ci fosse più spazio,sarebbe da attribuire ai musicisti"afro"(straordinari) e naturalmente un altro anche al fatto che i poliziotti colpevoli, con poche eccezioni, per non dire quasi nessuna, non abbinao subito un regolare processo, non avendo poi espiato una vera e propria"pena".... El Gato
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