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Klaudia Reynicke

Klaudia Reynicke è una regista, sceneggiatrice, fotografa, musicista, è nata nel 1976

La famiglia come fulcro narrativo

A cura di Fabio Secchi Frau

Regista peruviana naturalizzata svizzera, Klaudia Reynicke è l'autrice di un autentico e toccante cinema composto da opere personali e su piccola scala, raccontate all'ombra di eventi che alterano il mondo.
Creatrice di ambienti perfetti in cui i personaggi hanno lo spazio adatto per esplorare e per sviluppare se stessi, ha messo in scena intimi momenti che definiscono le relazioni umane. Secondo la Reynicke, il tempo che trascorre e i modi in cui cerchiamo di dimostrare il nostro amore, troppo spesso fallendo, cambiano e accompagnano il corso della Storia. Ponendo tutta la sua attenzione sulla famiglia, per esempio, modifica e mina il concetto di nucleo familiare, urtando problemi macroeconomici, disordini civili e la violenza politica alimentata dal terrorismo. Il risultato è la creazione di drammi abilmente raccontati con grande sensibilità, in bilico eppure dentro lo sfondo dell'ambientazione, che portano a numerose considerazioni del mondo.
Estremamente esigente in fase di scrittura, ha spesso raccontato il punto di non ritorno dei suoi personaggi che, così ben delineati e descritti, si affliggono della mancata brillantezza del loro futuro, ma una volta che questo arriva, scoprono di non poter mai più ritornare come erano prima.
Dopo il suo debutto cinematografico, le sue opere sono state selezionate in vari festival internazionali, vincendo importanti riconoscimenti collaterali.

Studi
Klaudia Reynicke nasce a Lima nel 1976, dove vive fino all'età di dieci anni. Trasferitasi in Svizzera, si divide tra l'Europa e la Florida, studiando alla University of South Florida, dove si laurea in arti visive e antropologia, ottenendo poi un master in sociologia all'Università di Losanna. Nel 2005, completa la sua istruzione studiando cinema alla New York University Tisch School of the Arts, passando poi all'École cantonale d'art di Losanna e alla HEAD, l'Haute école d'art et de design di Ginevra.

Il cortometraggi
Dopo aver diretto alcuni cortometraggi (Great Expectations: NY, Casual Thoughts, Mamette, Noces argentiniques, La Chienne), girati tra il 2005 e il 2010, comincia a delineare il suo stile distintivo, che riflette una profonda cura per i dettagli emotivi e visivi. In questi suoi brevi lavori, emerge tutta la particolare sensibilità per temi di identità, relazioni umane e introspezione, rappresentati in un minimalismo narrativo che si concentra su momenti chiave della vita dei suoi personaggi che catturano la loro essenza e il senso delle loro esperienze. Con una fotografia che enfatizza il simbolismo e la bellezza visiva, la Reynicke è una maestra nel creare un'atmosfera che amplifica il messaggio emotivo che porta al grande pubblico.
Come sceneggiatrice, attraverso dialoghi minimi e gesti semplici, esemplifica la vulnerabilità e la complessità della psicologia umana, messa a dura prova dalle sfide della vita quotidiana e dalle dinamiche familiari.

I primi documentari
Passata ai documentari, firma nel 2013 l'autobiografico ¿Asì son los hombres?, dove racconta il suo trasferimento dal Perù alla Svizzera, in compagnia della madre. L'opera è composta da vari filmati amatoriali che l'autrice realizzò dal 1986 spinta dalla forte mancanza del proprio paese d'origine e che altri membri della sua famiglia, rimasti in Perù, fecero durante la sua lunga assenza. Testimonianze quadriennali di una nuova e vecchia vita che venivano scambiate in VHS e che portano l'autrice a porsi domande sul senso di unità familiare e il ruolo della figura femminile all'interno dello stesso contesto.
Dopo il documentario breve Mermaids (2014), firma Il matrimonio che affronta le stesse tematiche del suo precedente titolo.

I film a soggetto
Solo nel 2016, cambia genere e si concentra sui film a soggetto, realizzando Il nido. La storia di Cora, una diciannovenne che è appena tornata a Bucco, il villaggio della sua infanzia, parallelamente all'arrivo di un misterioso uomo che destabilizza l'armonia del paese, facendo riemergere ombre di un crimine commesso anni prima, ottiene l'attenzione della critica affascinata dal suo stile che combina introspezione psicologica e ambientazioni suggestive. Dietro l'idilliaco, ci sono segreti e tensioni, traumi personali e viaggi interiori, che percorrono sentieri sul senso di appartenenza, ma anche perdita e ricerca di sé.
Il film viene accolto positivamente. Mistero e disagio di un'ambientazione rurale e apparentemente tranquilla creano un'atmosfera inquietante ben amplificata dalla fotografia e dalla colonna sonora e cominciano a imporre la Reynicke come una tra le migliori autrici latino americane del significato nascosto e della critica sociale al conformismo, al giudizio sociale e al peso delle tradizioni.
Nel 2019, replica il buon risultato con Love Me Tender, alzando l'asticella. Con uno stile molto più audace e sovversivo, decide di sfidare le convenzioni sociali e cinematografiche narrando il confronto con il mondo esterno di un'agorafobica, che vive isolata nella sua casa, ma che deve comunque scontrarsi con le norme patriarcali. Scegliendo come protagonista un'antieroina moderna, una figura imprevedibile e imperfetta, che usa le sue ossessioni e le sue fragilità come strumenti di ribellione contro il pensiero maschilista, la Reynicke sfrutta le ironie insite nella trama per far oscillare l'opera tra il grottesco e il poetico. Anche qui, la critica apprezza la ricercatezza delle scelte simboliste. In particolar modo quel corpo che diventa mezzo di espressione/esplorazione con danze e gesti spontanei sospesi tra dimensioni oniriche e reali e che la porteranno ad accettarsi e a vivere secondo le proprie regole.
Nel 2022, co-dirige con Kristina Wagenbauer la serie in sei epidosi La vie devant, tragicommedia che indaga nuovamente sulle dinamiche di una famiglia, questa volta alle prese con fondamentali cambiamenti esistenziali, ossessioni e difficoltà. Un quadro emotivo ricco e stratificato, pennellato da toni delicati per bilanciare la profondità emotiva (suicidi, depressioni, problemi coniugali) con la leggerezza visiva.
Ma è con Reinas del 2024 che la Reynicke porta nelle sale il suo capolavoro. La storia di due sorelle adolescenti che stanno per lasciare per sempre il loro paese, quando inaspettatamente ritrovano il padre da troppo tempo assente, amplificando e alleviando il loro dolore dovuto al necessario cambiamento, viene accolto con grande entusiasmo dai cinema underground americani e dalla critica, congiuntamente ammaliati da una potente storia che illumina l'incrollabile forza dell'amore, alle spalle di un'estate del 1992, soffocata dai disordini sociali e politici peruviani.
Sobria, ma turbolenta, la regista parla allo spettatore delle commoventi riconnessioni nei nuovi incontri e lo fa in una maniera così sottile ed elegiaca da far avvertire molto poco il senso di paura che i suoi personaggi femminili provano sul ciglio di un precipizio chiamato "cambiamento", non solo storico, ma anche personale.

Ultimi film
Drammatico, (Svizzera, Perù - 2024), 104 min.
Drammatico, (Svizzera - 2019), 83 min.

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