"La Terra... Un mondo dove perfino la luce è vecchia, antico ogni oltre conoscenza umana".
Ritrovarsi per le mani Jack Vance dopo che sono passati cinquant'anni circa dalla prima lettura ("I tesori di Tschai", se ricordo bene) e rimanerne ancora incantati non è cosa da poco.
Il ciclo di racconti raccolti in "La Terra morente" (1950) fa parte di quel classico sottogenere da "futuro remoto", in cui non si individua un confine preciso tra scienza (sf) e magia (fantasy) e in cui perfino il nostro pianeta è assimilabile a un mondo alieno.
Vance resta uno dei più grandi autori di sf (e fantasy) di tutti i tempi e uno dei più amati da me: "Vance" è praticamente un sinonimo di "sense of wonder" e (ri)leggerlo lo (ri)conferma sempre.
In aggiunta, trovate un racconto del 1961 ("La falena lunare") più squisitamente alieno e sempre meravigliosamente Vance.