Claire Burger • Regista di Langue étrangère
"Volevo mostrare le cose belle dei giovani, anche se si tratta di una contemporaneità complicata"
- La regista francese parla del suo secondo lungometraggio in solitaria, un ritratto vivace e sottile della gioventù di oggi
Cineuropa ha incontrato la regista francese Claire Burger in occasione della proiezione del suo nuovo film Langue étrangère [+leggi anche:
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intervista: Claire Burger
scheda film], nel Concorso Internazionale del 7mo Festival Internazionale del Cinema di Bruxelles. Presentato in concorso anche alla Berlinale, il film dipinge un ritratto vivido e sottile della gioventù di oggi, attraverso i destini incrociati di una giovane francese e di una giovane tedesca che imparano a guardare al futuro insieme.
Cineuropa: Da dove nasce il progetto?
Claire Burger: Volevo parlare di scambi linguistici, perché ne ho fatti molti quando ero più giovane. Sono nata sul confine franco-tedesco, quindi ho un rapporto speciale con la lingua, la doppia cultura e i viaggi. Nella mia famiglia, durante il covid, molti giovani non stavano affatto bene: anoressia, tentativi di suicidio, cose molto violente. Volevo trovare un modo per raccontare queste storie, per ritrarre questi giovani. Ma con il pretesto di questo soggiorno volevo anche raccontare una storia d'amore, parlare di Europa, di amicizia franco-tedesca e di politica. Ogni volta ho cercato di trovare un modo per interpretare queste cose molto teoriche in modo emotivo.
Protagoniste sono Fanny e Lena: come ha pensato a ciò che le separa e a ciò che le unisce?
Ho seguito l'istinto, ma mi sono presto resa conto che ogni personaggio del film era un po' come me, anche se Lena è probabilmente il personaggio con cui mi sono identificata di più da adolescente. Io stessa ero molto politicizzata a quell'età. Volevo anche evitare certi cliché sulla Francia e sulla Germania, anche se a volte ci ho giocato sopra. Non volevo contrapporre un piccolo villaggio del sud della Francia a un piccolo villaggio della Baviera. Volevo qualcosa di più moderno, su una Germania che mi piace, politica, antifa, tecnologica, lontana dal dominio economico e dal folklore.
C'è una forte presenza della storia e del passato nel film, come un peso, ma anche un orizzonte di speranza?
Sì, c'è una forma di continuità, ogni generazione ha le sue lotte. Certo, non è stato facile abbattere il muro, ma ora la crisi ecologica è forse un muro ancora più grande, soprattutto perché ho l'impressione che non facciamo molto per aiutare i giovani a uscirne. C'è qualcosa di molto bello nei giovani, la speranza di poter cambiare le cose. Ma la caduta del Muro ha avuto un impatto sulle ideologie che non potevamo immaginare: ha lasciato il campo libero al capitalismo e al liberalismo, e questo probabilmente ha conseguenze anche oggi. La storia è sempre in movimento. Oggi ci sono lotte femministe ed ecologiste e vedremo come i giovani reagiscono all'ascesa dell'estrema destra. Il film racconta anche la storia del divario generazionale, anche se, viste le sfide che dobbiamo affrontare oggi, sarebbe nel nostro interesse rimboccarci le maniche.
Da giovane ero molto impegnata in politica ed era meraviglioso credere di poter cambiare il mondo. Questa convinzione è possibile a quell'età, e spero che questa generazione possa trovare speranza in questa battaglia. Volevo mostrare le cose belle dei giovani, anche se si tratta di una contemporaneità complicata.
C'è l'euforia della militanza e della celebrazione. C'è la gioia della lotta.
Era molto importante mostrare l’aspetto festoso. Non volevo che fosse un film militante sulla politica, dove si affermano delle verità, ma piuttosto un film sulla fantasia della politica, nel modo quasi erotico in cui si può stare con gli altri, combattere insieme. Trovare una causa comune. E in tutto questo c'è una festa, siamo tutti uniti nelle manifestazioni. Per le comparse, ho guardato ad Antifa, agli attivisti ambientali, alle femministe, agli LGBTQR+ e ai tecnologici. Al giorno d'oggi, le cose stanno diventando sempre più comunitarie e segmentate, e io volevo creare la festa ideale, una vera festa di sinistra con non solo bianchi, non solo etero, non solo sinistra caricaturale. Un luogo dove fosse divertente stare insieme e credere di poter cambiare le cose. Volevo che il collettivo fosse attraente e che si sentisse la carica erotica che poteva avere.
(Tradotto dal francese)
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