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Roma conquista Corinto: la Grecia assoggettata

Mentre Roma lottava contro Numanzia, e nello stesso anno in cui distrusse Cartagine, le sue legioni conquistarono Corinto, il nucleo di una ribellione greca brutalmente soffocata

«Dov’è la tua mirabile bellezza, o dorica Corinto? E le corone delle tue torri e le antiche ricchezze, i templi degli dei, i tuoi palazzi?» Così si affliggeva il poeta Antipatro di Sidone per la distruzione di Corinto da parte delle legioni romane, avvenuta nel 146 a.C. Roma, in effetti, aveva ridotto in cenere una delle più belle città della Grecia, al termine di una breve guerra che sancì la sottomissione degli elleni ai disegni della potenza laziale.

Il percorso che aveva portato a questo scontro era cominciato cinquant’anni prima, quando l’esercito romano aveva sconfitto i macedoni (196  a.C.), interrompendo il dominio di questa popolazione sulle città greche. Queste si unirono in confederazioni, fra le quali la più potente era la Lega achea, che era così chiamata perché in origine era formata dalle città della costa dell’Acaia, anche se in seguito si erano aggiunte città non achee, come Megalopoli e Corinto.

L'ultimo giorno di Corinto. Olio di Tony Robert-Fleury che rappresenta la presa di Corinto da parte dei romani. XIX secolo. Musée d’Orsay, ParigiL'ultimo giorno di Corinto. Olio di Tony Robert-Fleury che rappresenta la presa di Corinto da parte dei romani. XIX secolo. Musée d’Orsay, Parigi

L'ultimo giorno di Corinto. Olio di Tony Robert-Fleury che rappresenta la presa di Corinto da parte dei romani. XIX secolo. Musée d’Orsay, Parigi

Foto: Hervé Lewandowski / RMN-Grand Palais

Dopo aver conseguito la vittoria sulla Macedonia, Roma si autoproclamò liberatrice dei greci e sostenne la Lega achea nella sua espansione in Peloponneso, a discapito delle nemiche di questa, Sparta e Messenia. Ma gli achei approfittarono di questa alleanza per liberarsi dei rivali politici e il senato di Roma, trovatosi nella posizione di mediatore fra i conflitti della Lega, non sempre fece scelte giuste. Fu così che, dopo la terza e ultima guerra macedonica (conclusasi nel 169 a.C.), il senato accettò l’accusa dell’acheo Callicrate contro mille uomini per aver cospirato con Perseo, il sovrano macedone che era stato deposto dai romani, e li inviò a Roma senza garanzie di un giusto giudizio.

La sollevazione

L’arbitrarietà della Lega e il continuo gioco di alleanze di Roma, che ora favoriva Sparta, provocarono lo scontento generale che fu cavalcato dai demagoghi nazionalisti, sostenitori dell’indipendenza assoluta della Lega da Roma, e sfociò nel conflitto armato. La Lega dichiarò così guerra a Sparta e, con essa, alla sua protettrice, Roma. I provocatori greci, sottovalutando il potere romano, unirono i propri eserciti a Corinto, capitale commerciale della Lega. Ne ingrossarono le truppe mercenari e schiavi liberati, che trainavano carri per trasportare il bottino di una guerra che era per loro principalmente strumento per arricchirsi. Portarono con sé anche le famiglie, affinché ne acclamassero il trionfo dalle mura. Ma quando i due eserciti s'incontrarono, quello romano, comandato da Lucio Mummio, s'impose su quello greco con facilità, di fronte allo sguardo impotente di coloro che assistevano alla battaglia dalla città.

Lo storico Pausania riferisce che Dieo, il comandante della Lega, fuggì a Megalopoli, dove, dopo aver informato della sconfitta, uccise sua moglie affinché non cadesse prigioniera dei romani e poi si uccise. Contemporaneamente, di notte, gli achei che vi si erano rifugiati e la maggior parte degli abitanti di Corinto fuggirono. Nonostante le porte  della città fossero aperte, Mummio non la occupò, sospettando che al suo interno fosse stata preparata un’imboscata; due giorni dopo prese la città con la forza e la mise a fuoco. Secondo Pausania, i romani uccisero la maggior parte degli uomini che catturarono all’interno della città e Mummio vendette donne, bambini e tutti gli schiavi liberati che avevano lottato al fianco degli achei.  

Occupata Corinto, Mummio vendette come schiavi le donne e i bambini che erano stati catturati

Legionari romani in un rilievo ispanico del I secolo a.C.Legionari romani in un rilievo ispanico del I secolo a.C.

Legionari romani in un rilievo ispanico del I secolo a.C.

Foto: Oronoz / Album

In questo modo Roma desiderava dare un esempio ai greci delle conseguenze e dell’inutilità di sfidare il suo potere. La conquista di Corinto stabilì la fine della guerra fra Roma e a Lega achea e costituì un duro colpo per la Grecia, che non si riprese più. Il valore strategico di questa frazione era indiscutibile: la cittadella dominava un ampio territorio del Peloponneso, e i due porti nell’istmo (Cencrea e Lecheo) erano snodi commerciali fondamentali fra Italia e Asia Minore. Perciò, Roma scelse Corinto come capitale della nuova provincia, che ricevette il nome di “provincia di Acaia” e non “provincia di Grecia”, perché i romani avevano preso possesso di questo territorio strappandolo agli achei.

Ma il fattore più umiliante per la Grecia e la sua cultura fu il disprezzo dei romani per i tesori artistici custoditi nella città. Si racconta che i templi furono spogliati delle offerte, le statue ribaltate e i dipinti impilati sul pavimento, per formare dei basamenti su cui i soldati giocavano ai dadi. Ciò che venne salvato si diffuse nei diversi templi e nelle ville di Roma e della penisola e in parte finì nella collezione privata del re Attalo II, a Pergamo (Asia Minore), perché Lucio Mummio cedette dipinti e statue senza attribuire loro importanza, senza essere in grado di apprezzarne la bellezza. Ciò che fu oggetto di una vera e propria passione a Roma furono le coppe di bronzo e i bassorilievi in terracotta, la cui perfezione artistica attrasse i profanatori di tombe in cerca di materiali tanto preziosi.

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Mummio, l’eroe plebeo

Le ritorsioni di Mummio non si limitarono alla città di Corinto: Pausania racconta infatti  che il generale vittorioso «distrusse le mura e tolse le armi, prima che dai romani fossero spediti de’ senatori. Come dunque pervennero quelli, che con lui dovevano deliberare, Mummio spense le democrazie, e stabilì le magistrature secondo la possidenza; alla Grecia poi fu imposto un tributo, e da quelli che aveano ricchezze fu vietato di possedere oltre i limiti: de’ Consigli [leghe], quello generale degli Achei, e quello, o de’ Focesi, o de’ Beoti, o di qualunque altro luogo di Grecia furono tutti similmente disciolti».

Tempio di Apollo a Corinto. Fu costruito intorno alla metà del VI secolo a.C. Solo sette delle sue 38 colonne sono rimaste in piediTempio di Apollo a Corinto. Fu costruito intorno alla metà del VI secolo a.C. Solo sette delle sue 38 colonne sono rimaste in piedi

Tempio di Apollo a Corinto. Fu costruito intorno alla metà del VI secolo a.C. Solo sette delle sue 38 colonne sono rimaste in piedi

Foto: Bettmann / Corbis / Cordon Press

Perciò, la conquista dell’«astro acheo dell’Ellade» comportò «la distruzione della grandezza della Grecia» e si trasformò in un topos che passò a storici e oratori come ispirazione di diversi poemi. Questi abbondano di dettagli lirici, come la contemplazione delle rovine in una terra «più inospitale del deserto della Libia», le tombe violate degli antenati, o l’esempio dell’eroico suicidio di due donne corinzie, Boisca e Ródope, mentre «Ares incendiava la loro città». Si giustificava poeticamente anche la crudeltà dei romani  verso Corinto, poiché, in quanto discendenti di Enea, mitico fondatore di Roma e principe di Troia, vendicavano la distruzione di questa città per mano degli achei nella famosa guerra cantata da Omero nell’Iliade.

Le rovine che oggi si possono ammirare corrispondono alla città fondata da Giulio Cesare nel 44 a.C. Gli scavi confermano che Corinto non fu abbandonata e che continuò a essere un’importante enclave commerciale. Ma l’immagine di una vittoria esemplare aveva consacrato Lucio Mummio, di origini plebee, che aveva bisogno di una grande impresa militare per la sua carriera politica. Cosciente di avere in Grecia un’opportunità unica, si presentò come pacificatore, con offerte a Olimpia, Delfi, Nemea ed Epidauro. Fece anche celebrare le sue gesta dal fratello, Spurio Mummio, filosofo e oratore, che era solito recitare in Italia i suoi poemi sulla campagna; infatti, certi eccessi letterari sulla conquista di Corinto sono probabilmente nati dalle licenze poetiche di Spurio.

Lucio Mummio, preparatosi così il terreno, si apprestò a celebrare a Roma un fastoso trionfo come «conquistatore dell’Acaia» e «distruttore di Corinto», ed eresse monumenti in terra italica, in Gallia e in Spagna, nella città di Italica, in Betica, dove era stato pretore nel 153 a.C. E infatti la sua carriera avanzò. Eletto censore nel 142 a.C., ricevette l’appellativo di Acaico (“dell’Acaia”) che la sua discendente Mummia Acaica, madre del futuro imperatore Galba, ancora portava con orgoglio. 

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