Anno | 2025 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Portogallo |
Durata | 156 minuti |
Regia di | Lav Diaz |
Attori | Gael García Bernal, Amado Arjay Babon, Dario Yazbek Bernal, Ângela Azevedo Hazel Orencio, Rafael Morais, Ronnie Lazaro, Bong Cabrera, Valdemar Santos, Ivo Arroja, Rafa Siguion-Reyna, Sasa Cabalquinto, Mario Castro, Paulo Calatré, Max Grosse Majench, Roger Alan Koza, Elisabete Pedreira, Erica Rodrigues, Baptiste Pinteaux, Rubén Carballés, Paolo Dumlao, Iris Cayatte, Almeno Gonçalves, Daniel Palisa, Tomás Alves, Daniel Viana, Brontis Jodorowsky, Rafael López, Charlie St. Cyr. |
Tag | Da vedere 2025 |
MYmonetro | 3,63 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 20 maggio 2025
L'impresa di Ferdinando Magellano letta dal punto di vista dei sottomessi.
CONSIGLIATO SÌ
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Il film copre 16 anni nella vita del navigatore Ferdinando Magellano a partire da quando, nel 1504 in Malesia, compra uno schiavo che ribattezza con il nome di Enrique che diventerà una sorta di testimone delle sue imprese. Sposatosi con Beatriz successivamente ottiene il favore dei reali di Spagna e inizia un viaggio che ne trasformerà profondamente la personalità.
Lav Diaz ritrova il colore, ingaggia un attore internazionalmente riconosciuto e conquista una durata accettabile dal grande pubblico.
Il regista filippino, meritatamente vincitore di numerosi importanti riconoscimenti, è noto anche per l'estrema lunghezza delle sue opere che non ne ha certo favorito la diffusione sui mercati di tutto il mondo. Coloro che amano il suo cinema senza compromessi possono stare tranquilli (di questo film esiste anche una versione della durata di nove ore). Quella presentata a Cannes ha però permesso, pur nelle quasi tre ore di proiezione, di far scoprire Diaz a coloro che ne erano stati tenuti a distanza dal minutaggio dei suoi film. La sua lettura del personaggio storico è al contempo vicina e distante dalla visione che della 'conquista' ci aveva dato Werner Herzog in Aguirre furore di Dio. Vicina perché mostra la progressiva trasmutazione di un uomo di mare in un capitano privo del senso della pietà. Lontana perché lo stile del regista resta immutato. Le inquadrature in cui il protagonista si trova immerso nell'ambiente potrebbero sembrare ad esempio uno spreco avendo a disposizione Garcia Bernal ma proprio queste e i silenzi che gli vengono chiesti trovano nell'attore una personalità in grado di sostenere ugualmente la scena senza fargli smarrire il senso di uno sguardo che va oltre il contingente anche nelle difficoltà.
C'è poi l'abilità di Diaz nel fare di necessità virtù. Quando si tratta di far affrontare a Magellano e ai suoi uomini uno scontro armato ne vediamo non l'azione ma le conseguenze. Il budget avrà imposto la soluzione ma l'effetto non viene perso. Girato tra Spagna, Portogallo e le Filippine il film consente al regista di continuare la riflessione sulla storia del suo popolo focalizzandosi in questo caso su un passato remoto che ne ha comunque influenzato i secoli a venire. Girato e montato direttamente da Diaz con Artur Tort, che ha alle spalle l'esperienza con Albert Serra, il film, anche sul versante del ritmo narrativo, mostra delle novità che però non intaccano l'estetica di fondo di un regista che riesce ad aprirsi a nuovi sguardi senza tradire se stesso.
Con una produzione più ricca del solito (c'è anche Gael García Bernal), Diaz cristallizza la sua parabola anticoloniale definitiva. A essa, chi potrebbe mai prestarsi meglio di Enrique, schiavo che Ferdinando Magellano acquistò a Malacca e che contribuì decisivamente alla morte del navigatore in una successiva spedizione sulle isole oggi filippine? Colori di rara potenza, luci che danno volume a natura [...] Vai alla recensione »
"Ho scoperto un altro modo per arrivarci", dice Magellano ad un certo punto, mostrando con mappe e compassi come avesse intenzione di dimostrare l'esistenza di un passaggio alternativo via mare che sfociasse poi nell'ovest dell'America, verso il Pacifico, partendo dalla Spagna. Guardando il nuovo, monumentale film di Lav Diaz dedicato all'esploratore, l'affermazione sembra anche una dichiarazione [...] Vai alla recensione »
Magalhães è un film, che, per ambizioni e prospettive, sembra destinato a rivestire un ruolo centrale nella filmografia di Lav Diaz, seppur in tutte le sue eccezioni. Perché va alla radice della storia (scritta e non) delle Filippine, al primo incontro "fatale" delle popolazioni locali con l'uomo bianco, cioè lo sbarco di Ferdinando Magellano, Fernão de Magalhães sull'isola di Homonhon, nel 1521.
Sono trascorsi dieci anni da quando alla Berlinale fece la sua apparizione nella sezione Forum Balikbayan #1 - Memories of Ovedevelopment Redux III, straordinario lavoro con cui Kidlat Tahimik metteva la parola fine su un lavoro iniziato addirittura nel 1979: un discorso sulla colonizzazione, degli uomini e dello sguardo, che si traduceva in un atto di libertà assoluta.